Una giovane figlia chiede al padre se tutte le fiabe iniziano con “C’era una volta... ”? “Non tutte!” risponde il padre. Molte iniziano anche con: “Se votate per me, vi prometto...”. A nome della SSU desidero congratularmi vivamente con i parlamentari rieletti e appena eletti. I nostri ringraziamenti e il nostro apprezzamento vanno a tutti i rappresentanti del popolo che negli ultimi anni hanno sostenuto con parole e fatti il più importante organo di sicurezza, il nostro Esercito. Siamo compiaciuti per la buona collaborazione che potremo instaurare.
L’Esercito svizzero è soggetto al primato della politica. La Costituzione federale stabilisce che l’Assemblea federale (il parlamento) esercita il potere supremo nella Confederazione (art. 148). Il Consiglio federale, in quanto organo esecutivo collegiale, è responsabile della direzione strategica e dell’impiego dell’esercito. Fin qui tutto bene. Dovrebbe essere nell’interesse della politica garantire che il suo più importante strumento di sicurezza sia equipaggiato, finanziato e addestrato nel miglior modo possibile per le situazioni straordinarie. Di conseguenza, i politici dovrebbero fornire al più presto le risorse finanziarie urgentemente necessarie per l’esercito e garantire che la risorsa dei “cittadini in uniforme” sia assicurata a lungo termine. Nella prossima sessione invernale il Consiglio federale presenterà al parlamento l’aumento del bilancio della difesa nei prossimi anni. Tuttavia, il Consiglio federale non intende raggiungere l’obiettivo parlamentare dell’1% del PIL entro il 2030, fino al 2035. Il Consiglio federale sembra essersi reso conto di ciò che purtroppo era la regola in passato per gli approvvigionamenti dell’esercito quando mancavano i soldi.
“Posporre, dilazionare, rimuovere”. Quest’ultima sarebbe un’accusa alla politica e un enorme peso per l’esercito. “Non li riconoscerete dalle parole, ma dai fatti”. La SSU si aspetta che il Consiglio federale e il parlamento si assumano la responsabilità di un esercito di milizia forte, credibile e moderno.
Effettivi in personale insufficienti, eccessivi e mancanti
L’alimentazione in personale ha avuto un ruolo fondamentale nella storia militare. La capacità di una nazione o di un leader militare di alimentare in modo efficace la dotazione delle truppe è stata spesso cruciale per il successo delle campagne. Dotazioni inadeguate hanno portato a problemi di morale basso nelle truppe, di diserzioni e di ammutinamenti. Con un effettivo reale di 147 000 unità l’Esercito si trova con un surplus di circa 7000 soldati. Un’ordinanza conterrà la base legale per consentire a due classi di età di rimanere in servizio più a lungo. Così facendo, tuttavia, inganniamo noi stessi e rassicuriamo soprattutto coloro che vedono in un licenziamento anticipato di queste classi di età una riduzione del numero dell’effettivo reale di militi a poco meno di 130 000 unità. È ben chiaro che questi militi hanno adempiuto al loro obbligo di istruzione e attendono la fine del loro servizio obbligatorio. Potrebbero essere chiamati per servizi di assistenza in caso di emergenze. In quanto personale in eccedenza, essi vanno nondimeno a rimpinguare gli effettivi delle formazioni. Verso la fine del decennio l’esercito sarà a corto di personale. Allora perché non mostrare le cose come stanno e sottolineare la situazione in cui ci troviamo con l’attuale modello di servizio obbligatorio? L’argomentazione secondo cui i soldati in eccedenza sarebbero equipaggiati e pronti per l’impiego più rapidamente non coglie il punto. Sarebbe più onesto ammettere che già oggi non abbiamo un equipaggiamento completo per 130 000 di loro. Se il Consiglio federale dovesse proporre un nuovo modello di servizio obbligatorio alla fine del 2024, l’Esercito dovrà dimostrare in modo realistico e inequivocabile le conseguenze della sottoalimentazione. A medio termine, l’effettivo regolamentare di militi dovrebbe essere aumentato da 100 000 a 120 000 (con un effettivo reale di militi di poco superiore a 165 000), il numero di giorni di servizio di 245 dovrebbe essere aumentato del 20%, il numero dei corsi di ripetizione dovrebbe essere aumentato da 6 a 8 e la durata del servizio nell’Esercito dovrebbe essere portata ad almeno 10 anni. Dovrebbe essere possibile completare la scuola reclute fino all’età di trent’anni. Per quale motivo un cittadino idoneo al servizio militare non potrebbe essere chiamato due volte per il reclutamento? Se necessario, deve essere possibile riarruolarsi nell’Esercito senza ostacoli burocratici. Un reintegro in formazioni di “Landwehr” deve essere preso in considerazione nell’alimentazione del personale. Limitare la percentuale di coscritti in ferma continuata al 15% è un parametro politico. L’estensione delle funzioni e la costituzione degli effettivi in personale vanno chiarite sul piano giuridico. Per la cooperazione internazionale e le esercitazioni congiunte all’estero, il modello del milite in ferma continuata sta diventando sempre più importante e va adattato.
Il dovere di servire
La SSU è favorevole a un modello di servizio obbligatorio di sicurezza, secondo cui ogni cittadino svizzero è tenuto a prestare servizio militare (le donne svizzere solo a titolo volontario), ponendo fine all’eccessivo esodo verso il servizio civile, che verrebbe riorganizzato insieme alla protezione civile. Solo la giornata di orientamento sarebbe obbligatoria per le donne. L’Esercito e la protezione civile non devono essere in concorrenza tra loro e non devono essere ulteriormente indeboliti da un’alimentazione in personale differenziata.
L’iniziativa “Service Citoyen” è stata presentata alla fine di ottobre. Questo servizio per i cittadini si basa su considerazioni di politica nazionale ed è in contrasto con le esigenze del modello di servizio obbligatorio di sicurezza. La quasi libertà di scelta delle opzioni di impiego è irritante. Mette a rischio un’alimentazione in personale adeguata per l’Esercito e la protezione civile. È particolarmente urtante che si cerchi, per così dire, del personale per un “Service Citoyen”, per cui uno Stato liberale sarebbe chiamato a definirne i compiti e a coordinarne gli interventi. Indipendentemente dal fatto che sia giustificato da ragioni socio-politiche (di coesione) o di politica statale (“tutti fanno qualcosa”), rimarrebbe un onere statale senza uno scopo funzionale chiaramente definito. A ciò si aggiungono le inefficienze, le distorsioni nel mercato e un enorme carico amministrativo. La SSU respinge l’iniziativa “Service Citoyen” e si impegnerà attivamente in questo senso.
Colgo l’occasione per ringraziarvi molto per il vostro contributo personale a una Svizzera sicura. Auguro a voi e ai vostri cari un felice periodo festivo e tutto il meglio per il nuovo anno, in pace, prosperità e salute.
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